La molteplicità della stella si sprigiona in una delle opere pop più esaustive di sempre.
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Oltre che l’album più completo nel catalogo di Prince, Sign O’ The Times è uno dei lavori più onnicomprensivi della storia del pop. Stavolta privo del supporto della band The Revolution, il progetto ingloba tutto ciò che la stella di Minneapolis aveva esplorato nei primi dieci anni di carriera: l’R&B, il soul, il rock, il gospel, le caricature di derivazione beatlesiana (‘Starfish and Coffee’, ‘The Ballad of Dorothy Parker’) e il funk di stampo carnale (‘U Got the Look’). Le tracce strizzano l’occhio all’impegno politico del rap (‘Sign O’ The Times’) come alle sonorità classiche delle ballate doo-wop (‘Adore’), esemplificando quello stile minimale ma profondamente espressivo che è diventato un autentico marchio di fabbrica.
Festoso ma intimo, spensierato ma serio, il disco spazia dai toni sacri di ‘The Cross’ alle atmosfere profane di ‘Hot Thing’, a dimostrazione dell’intento di un artista che preferisce incarnare le proprie contraddizioni, piuttosto che cercare di risolverle, lasciando così spazio a tutte le sfaccettature di una personalità poliedrica. Non era previsto che gli uomini neri (come del resto nemmeno quelli bianchi) potessero mostrarsi tanto sensibili ed eccentrici. In sintesi, Sign O’ The Times rappresenta il vertice creativo di una discografia straordinaria, il suono di una superstar all’apice del suo potenziale.