Un gioioso progetto di oltre un’ora che anticipa il futuro non convenzionale dell’hip-hop.
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In diretta da Marte, o meglio dai sobborghi di Long Island, i De La Soul debuttano nel 1988 con ‘Plug Tunin’’, un solido 12 pollici che mescola astrusi giochi di parole con i sample più sbilenchi che l’hip-hop avesse mai visto fino ad allora. Nel successivo album d’esordio, Trugoy, Posdnuos, DJ P.A. Pasemaster Mase e il producer Prince Paul delineano in modo giocoso ciò che sarà il futuro alternativo del rap.
Grazie a un approccio spregiudicato nello scovare dischi dimenticati, infondono nel genere atmosfere aliene e nuove trame. Non si limitano a campionare James Brown e Funkadelic, sebbene la melodia gommosa di quest’ultimo gruppo guidi ‘Me Myself and I’, unico brano della band ad entrare nella Top 40 statunitense. Il loro parco giochi include Schoolhouse Rock!, gli Steely Dan, dischi per imparare il francese, Johnny Cash e una cassetta di Liberace trovata in studio. Scompongono liberamente le frasi in poetiche nuvole espressioniste, che spaziano dal puro lirismo al nonsense ispirato. Fieramente eccentrici mentre predicano un messaggio di autoespressione indossando medaglioni africani al posto di catene d’oro massicce, diventano per anni il modello bohémien per eccellenza nel panorama alt-rap.